Consiglio Nazionale Forense: Riserva di consulenza, senza alibi chi la contrasta

Dedicato a chi ama giocare con il fuoco…. o è già in spiaggia. ********************** Dice l’Antitrust che il testo di riforma della professione forense in discussione alla Camera (Ac 3900),...

Dedicato a chi ama giocare con il fuoco…. o è già in spiaggia.

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Dice l’Antitrust che il testo di riforma della professione forense in discussione alla Camera (Ac 3900), estende in modo significativo l’ambito delle attività riservate agli avvocati. Secondo l’Autorità garante della concorrenza, l’ampliamento di tali esclusive non “comporta un effettivo accrescimento della tutela degli assistiti, ma determina una restrizione della concorrenza tra professionisti e incide significativamente sui costi delle procedure amministrative, conciliative e stragiudiziali, con ripercussioni negative sui cittadini e sulle imprese”.

L’articolo 2 comma 5 e al comma 6 della proposta di riforma della legge professionale che riserva agli avvocati, oltre l’assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi avanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali anche la consulenza stragiudiziale è, al contrario, una disposizione doverosa per gli avvocati, peraltro rispettosa di tutte le altre competenze riconosciute per legge agli altri professionisti iscritti agli albi.
Esistono numerose ragioni che depongono a favore di una scelta esplicita del legislatore a favore della riserva della consulenza legale, che l’Antitrust finge di ignorare.
La prima ragione consiste nella doverosa concezione unitaria della professione, radicata nell’ordinamento, immanente alla logica del sistema: che logica vi è nel radiare dall’albo un professionista che si macchi di gravi responsabilità disciplinari, se questi, appena subita la sanzione, può tranquillamente fornire pareri legali alla clientela?
La professione forense è un’insieme di attività che devono essere considerate unitariamente, in maniera onnicomprensiva; basti avere riguardo ad una serie di elementi, che non sono rivendicazioni corporative, ma dati di diritto positivo.
La professione, infatti è:
- oggetto di tassazione senza differenze
- oggetto di prelievo previdenziale, senza differenze
- oggetto di responsabilità civile e penale, senza differenze
- oggetto di responsabilità deontologica, senza differenze.
Richiamarsi all’Europa poi, per accampare argomentazioni contrarie è del tutto fuori luogo. Non è vero, infatti, che l’ordinamento comunitario osta alla scelta del legislatore nazionale di sottoporre a riserva l’attività di consulenza legale se svolta professionalmente. A partire dalla direttiva Bolkestein (2006/123/CE) che, nel suo considerando n.88, afferma che sono compatibili con essa sistemi normativi nazionali che sottopongono a riserva l’attività di consulenza legale (per es. il Portogallo).
E a favore militano anche diverse pronunce giurisprudenziali della Corte di Cassazione (sent nn. 1151/02 e 9237/) e della Corte di giustizia Ue (C-531/06).
Il punto è che la riserva professionale di consulenza legale assicura la maggiore protezione dell‘affidamento del cittadino nel campo della difesa dei propri diritti, appannaggio esclusivo dell’avvocatura.